“Via da casa in dieci minuti. Cosa portereste con voi?”
Dunque, vediamo…
I gatti (supponendo che il marito se ne stia già venendo via con me!)
La borsa più capiente che ho, nella quale infilare: portafoglio, iPad, iPhone, astuccio delle lenti a contatto (gli occhiali li avrò sul naso, come di solito capita quando sono in casa)
Le scarpe da running (ai piedi)
Il mio primo pensiero (beh, il secondo, dopo i gatti), andrebbe all’iMac; ma anche sospendendo l’incredulità al massimo, difficilmente posso considerarlo trasportabile. Quindi abbandono l’hardware al suo destino ma mi assicuro di avere con me i dati: acchiappo l’hard disk di backup e lo infilo nella borsa di cui sopra (che inizia a essere pesantuccia…)
A questo punto sono già passati, quanto, cinque minuti? E io ho appena realizzato che di tutta la mia fighissima tecnologia non me ne faccio una pippa, senza caricabatterie. Epperciò nella borsa finiscono anche quelli.
Cos’altro? Un giubbetto, qualcosa che tenga caldo, tenga asciutto e abbia tante tasche. Tendo a pensare questa cosa in termini apocalittici, do per scontato che fuori o dentro o intorno stia succedendo qualcosa di brutto, e che forse per un po’ non avrò più un “dentro” dove stare.
Ah sì, le chiavi della macchina (sì? no? boh)
Mentre scrivo mi guardo intorno cercando suggerimenti. Cerco quel qualcosa di fondamentale che sicuramente mi sono dimenticata. Non ne trovo, non lo trovo.
Probabilmente molto presto avrò bisogno di un cambio di vestiti e di biancheria, e di sapone per lavarmi (ma dove?). Ma sono tutte cose che posso ricomprare o recuperare in qualche modo, o almeno spero.
Altrettanto probabilmente, gli aggeggi tecnologici che ho subito pensato di salvare diventeranno inutili, e chissà quando avrò di nuovo per le mani un computer al quale attaccare il mio hard disk… o un motivo per farlo, se è per quello (il cavo! Il cavo! Mi stavo dimenticando pure di quello). Forse dovrei valutare di sostituire l’elettronica con le mutande? È una domanda che merita riflessione.
Resta che il giochino scemo di fine estate mi ha fatto capire che le cose alle quali tengo al punto da avere l’istinto di portarmele via, sono veramente poche. Perché diciamocelo, il vero scopo del gioco non è scoprire di cosa non possiamo fare a meno, perché l’unica risposta onesta a questa domanda è: niente. Tutto è sostituibile; e se non lo è, significa che l’intero sistema in cui viviamo è stato distrutto o scosso così profondamente che avremo ben altri problemi. La vera domanda è che cosa istintivamente vorremmo sottrarre a una probabile distruzione… indipendentemente dalla sua utilità o necessità (e infatti molte delle cose citate nell’articolo sono tutto meno che utili).
Ovvio: da sono moltissime cose mi dispiacerebbe separarmi, ancora di più sono quelle che mi dispiacerebbe andassero perdute/distrutte (sempre tenendo buona l’ipotesi catastrofe). Ma finisce lì. Naturalmente, il gioco è scemo soprattutto perché in una circostanza del genere scattano siano il panico che l’istinto di autoconservazione, quindi si suppone che uno sia al contempo a) non sufficientemente lucido da ragionare su cosa effettivamente gli è necessario (probabilmente i caricabatteria finirei per dimenticarli, ecco) b) sufficientemente lucido da rendersi conto che l’importante è portare a casa i quarti posteriori, quindi andale.
Soprattutto, non so se i risultati sarebbero stati gli stessi due anni fa. Credo di no.
E voi, cosa portereste via da casa, se doveste andarvene in dieci minuti?
L'articolo Giochino scemo di fine estate sembra essere il primo su minimo..